Fiducia Fantasticata

La fiducia è un sentimento di apertura verso il mondo, uno stato d’animo interiore che manca alla maggior parte di noi, forse sottovalutato.

Non si tratta di uno stato di gloriosa invincibilità, questo sarebbe comunque d’ostacolo al nostro auto-miglioramento e dannoso perché possiamo crescere a qualsiasi età e in qualsiasi condizione e il sentici in questo modo ci mantiene in uno stato di impasse, smorzando i nostri ideali in quanto non ne abbiamo più da raggiungere, credendoci già in una condizione ideale.

La fiducia è importante perché se siamo sfiduciati, con un atteggiamento perciò prudente talvolta ipervigile, sarà difficile assumerci la responsabilità di ciò che ci accade ma anche di correre dei rischi.

Perdiamo così preziose occasioni di vita peggiorando lo stato delle nostre frustrazioni, nutrendo ansia, irritabilità, senso di fallimento,  stati d’animo che a volte nemmeno sentiamo perché reagiamo nei modi più disparati per soffocarli ammazzandoci di lavoro, pulendo compulsivamente la nostra casa, attaccandoci morbosamente ad alcune persone, isolandoci e annegando i dispiaceri in alcol o farmaci.

Fidarsi è meglio ma a non fidarsi ci si azzecca diceva Andreotti. Lo stato emotivo del sospetto infatti è nel senso comune protettivo, ci aiuta a non fare errori o a scampare l’eventualità di venir feriti da qualcuno,  in realtà questa strategia difensiva non garantisce l’incolumità da sbagli e incontri spiacevoli, anzi ci impedisce un autentico confronto con le nostre capacità e con la realtà che ci circonda.

Prendiamo ad esempio la rottura di un rapporto sentimentale.

Una delle frasi più inflazionate, che sottende lo stato d’animo della sfiducia poterebbe essere:

Tanto le donne sono tutte bandiere uguali e anche gli uomini sono fatti a stampino, interessati solo a portarti a letto”.

Quando un rapporto finisce ci sentiamo spesso traditi e pensiamo: “E’ un egoista” “ Mi ha fregato”.

La sfiducia non risparmia nemmeno familiari e relazioni lavorative, allora sarà facile credere  “Lo fa apposta per vedere quanto riesco a resistere”, “Mi tratta male”, “ Si è comportato in quel modo perché è un arrivista e vuole farmi fuori”.

Spesso chiudiamo preventivamente i rapporti con gli altri negando la sofferenza della nostra solitudine perfino a noi stessi e ci sentiamo così profondamente sfiduciati che le nostre convinzioni diventano l’unica spiegazione possibile.

C’è una ragione molto valida a tutto ciò, in quanto in passato molti dei nostri bisogni dipendevano molto dagli altri, dalle figure adulte, perciò continuiamo anche più avanti nella nostra storia a pensare che la nostra fiducia dipende da quanto bene o male gli altri ci trattano, ma questa non è che una fantasia perché la fiducia di cui vi parlo è una qualità interna.

Avete mai pensato:  “ Ma guarda te se devo incontrarli tutti io gli imbecilli” ?

Ecco, è probabile che voi stiate realmente avvicinandovi a persone che vi criticano o che manifestano una scarsa sensibilità o sono poco attente nei vostri confronti.

Potrebbe anche essere il caso che le avviciniate perché con loro al vostro fianco potete dimostrare la vostra superiorità o la vostra inadeguatezza, ma è anche possibile che siate pronti voi a cogliere segnali nell’ altro e a interpretare i suoi comportamenti come prova del fatto che vi stiano trattando male.

Ad esempio potrebbe bastare non essere d’accordo con voi perché percepiate gli altri contro voi.

Spesso personalizziamo quello che gli altri fanno senza renderci conto che stiamo pretendendo che siano diversi da quello che realmente sono, stiamo chiedendo loro di adattarsi a noi dimenticandoci di ciò che noi possiamo fare per noi stessi.

Il primo passo verso la fiducia reale è la consapevolezza di ciò che abbiamo dentro, vale a dire i modi in cui vediamo noi stessi,  il mondo e le persone che scegliamo come parte della nostra vita.

Essere troppo certi delle intenzioni degli altri non è un buon segno,  è l’ennesimo muro che mettiamo, perché aprirci agli altri con atteggiamento curioso potrebbe farci sperimentare un altro doloroso tradimento.

La nostra curiosità e la nostra apertura verso il mondo può essere venuta meno rispetto a quando eravamo piccoli per alcune circostanze di vita.

Ora che siamo cresciuti sopravvivere senza curiosità verso la propria mente e quella altrui significa stagnare nella ripetitività, rimanendo intrappolati in relazioni non soddisfacenti e in luoghi comuni che non ci corrispondono davvero.

L’atteggiamento curioso di cui parlo è quello che da bambini avevamo quando guardavamo ad esempio un cane, ogni volta come se fosse la prima, vedendo il cane come essere meraviglioso, straordinario e unico. 

Se la scoperta non è gradevole possiamo sempre scegliere di andarcene,  provare a prenderci cura di quelle parti di noi che hanno bisogno di maturare o cercare di dar voce in altri modi a quei bisogni che sentiamo come insoddisfatti.

Oltre a questa sensazione di doverci difendere dagli altri è possibile che la sfiducia si manifesti in un altro modo più centrato su di noi.

E’ il caso di quando sentiamo di dover continuamente verificare ciò che abbiamo fatto.

A chiunque almeno una volta nella vita sarà capitato di incorrere in qualche dubbio relativo alla chiusura delle porte di casa o dei fornelli.

La comprensione più comune di quello che è accaduto consiste nel credere di avere una cattiva memoria.

Il comportamento più automatico è quello di tornare indietro e controllare se effettivamente abbiamo chiuso il gas.

Se questo si limita a una verifica percettiva la faccenda si chiude e noi possiamo proseguire con la nostra vita.

Se ci affidiamo troppo ai ragionamenti o alle nostre abitudini così da allontanarci dalle nostre reali percezioni della realtà le domande che possiamo porci sono allora:

Che cosa hanno realmente osservato i miei occhi?

Che cosa hanno sentito le mie orecchie?

Nel caso del rubinetto del gas ad esempio potrò tornare indietro a verificare, ma questo potrebbe non essere sufficiente, allora riguarderò ancora, ma questa ripetizione riduce la fiducia nel ricordo promuovendo un’ elaborazione concettuale piuttosto che percettiva.

Questo accade a tutti, come comprovato da alcuni esperimenti (Van den Hout et al 2003).

Anche in questo caso la fiducia reale è connessa a ciò che proviamo e sentiamo, e non tanto ai ragionamenti o ai tentativi di mettere le cose a posto.

Si tratta di un modo di percepire l’esistenza come benevola e di affrontare le esperienze,  piacevoli o spiacevoli esplorandole senza combatterle.

Con questo genere di fiducia dentro di noi possiamo riprenderci dai più dolorosi imprevisti,  timori fallimenti e rifiuti.

Non mi interessa che cosa fai per guadagnarti da vivere. Voglio sapere che cosa desideri ardentemente e se osi sognare di soddisfare l’anelito del tuo cuore. Non mi interessa la tua età. Voglio sapere se rischierai di passare per pazzo nel nome dell’amore, per i tuoi sogni, per l’avventura di essere vivo. Non mi interessa in quale pianeta è la tua luna. Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,  se i tradimenti della vita ti hanno aperto o se ti sei ritirato e chiuso per paura di nuove sofferenze. Voglio sapere se puoi stare col dolore, il tuo o il mio, senza fare niente per nasconderlo o dissolverlo o manipolarlo.

Voglio sapere se puoi stare con la gioia, la mia o la tua, se puoi danzare selvaggiamente e lasciare che l’estasi ti riempia dalla testa ai piedi senza ammonirci di essere cauti, o realistici, o ricordare i limiti dell’essere umano. Non mi interessa se la storia che mi racconti è vera. Voglio sapere se tu puoi deludere qualcuno per essere vero con te stesso, se puoi sopportare l’accusa di tradimento e non tradire la tua anima, se puoi essere senza fede e quindi degno di fiducia. Voglio sapere se puoi vedere la bellezza, anche quando non è graziosa, ogni giorno, e se puoi attingere la tua stessa vita dalla sua presenza. Voglio sapere se puoi vivere nell’insuccesso, il tuo o il mio, e tuttavia stare sulla riva del lago e urlare alla luna piena argentata: !”. Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi hai. Voglio sapere se puoi alzarti, dopo una notte di dolore e disperazione, sfinito e dolente, e fare ciò che va fatto per dar da mangiare ai bambini.

Non mi interessa sapere chi conosci o come sei arrivato a essere qui. Voglio sapere se puoi stare in mezzo alle fiamme con me e non fuggire. Non mi interessa sapere dove, che cosa o con chi hai studiato. Voglio sapere che cosa ti sostiene interiormente, quando intorno tutto crolla. Voglio sapere se puoi essere solo con te stesso e se veramente ami la compagnia che hai nei momenti di vuoto.

Krishnananda, Amana

Dott.ssa Elisa Sartoretto

Van den Hout, M.A  e Kindt M (2003) Reapeted checking causes memory distrust” in Behaviour Research and Therapy, 41, 3 , pp 301- 316

Krishnananda, Amana. (2012)Fiducia e sfiducia, Oriah Mountain Dreamer (Universale economica. Oriente) (Italian Edition) (p.190). Feltrinelli Editore.